Kustendorf 2022: in viaggio tra nuvole, celluloide e utopie

Si è conclusa da poche ore la XV edizione del Kustendorf Film e Music Festival, un festival unico nel suo genere, come unica è la location, e altrettanto unico il suo anfitrione.

Quando intorno al 2007 ho scoperto che il grande e controverso regista Emir Kusturica, aveva creato un villaggio tra le montagne al confine tra Serbia e Bosnia, la curiosità di andarlo a visitare è divenuta sempre più crescente, e fin dal 2008 ho iniziato un avvicinamento progressivo ai luoghi.

Dal 2008 in poi, come racconterò con dovizia di particolari nel mio prossimo libro, ho iniziato a preparare il viaggio in queste terre di confine, anche se solo nel 2011 avrei avuto l’occasione di frequentare per la prima volta il Festival Kustendorf.

Quello che sembrava dovesse essere un unico episodio della mia vita di viaggiatore dei Balcani, invece, doveva divenire solo il primo di tanti viaggi in questi luoghi fatti di vapore, celluloide e profezie.

Masterclass al festival

Il villaggio pensato e creato dal regista si trova a Mokra Gora, piccola località montana a pochi chilometri dal confine con la Bosnia, sui Monti Tara, per la precisione a ridosso del Massiccio di Sargan.

Il regista nei primi anni duemila cambia completamente vita, si converte all’ortodossia, cambia nome, da Emir a Nemanja, e nazionalità, scegliendo inizialmente quella della nuova Jugoslavia e poi quando diverrà Unione di Serbia e Montenegro, la nazionalità serba.

Il perché di questo radicale cambiamento e della scelta di quella che potremo considerare “la parte sbagliata“, non tocca a noi questionarlo. Se però volete leggere la “versione di Kusturica”, vi invito a leggere il suo libro “Dove sono in questa Storia“, edito in Italia da Feltrinelli.

Ma tutto è legato a una storia di tradimenti, di distacchi dolorosi, e dal desiderio fortissimo del regista di ricostruire la “sua” Sarajevo, quella in cui, ormai, era persona non grata.

E così, decide di ricostruirla tra questi monti, nei luoghi in cui aveva girato quello che a mio parere è ancora oggi uno dei suoi migliori film ” La Vita è un Miracolo“.

Stazione del film “La vita è un miracolo”

Se prendete il treno turistico che da Mokra Gora, superando il Monte Sargan porta a Jatare e poi a valle alla stazione di Sargan Vitasi, sul tragitto verrete invitati a fermarvi qualche minuto proprio nella stazione che il regista aveva ricostruito per l’occasione sulla base di una stazione realmente esistente in Bosnia Erzegovina.

Su queste rotaie, dal 1925 al 1974, la leggendaria locomotiva Cira (o Ciro a seconda della regione che attraversava), trascinava il treno che da Belgrado, superato l’Otto di Sargan, la cravatta costruita dagli ingegneri serbi per superare un dislivello di trecento metri, arrivava fino a Sarajevo superando la città di Visegrad a valle sul leggendario fiume Drina, dove il regista ha ideato e costruito una nuova cittadella in pietra chiamata Andricgrad in memoria del premio nobel Jugoslavo Ivo Andric.

Cira fece il suo ultimo viaggio il 28 febbraio 1974 e l’ho narrato nel mio racconto breve “L’ultimo viaggio di Ciro: la locomotiva che collegava la Jugoslavia”.

Ebbene, all’inizio degli anni duemila, racconta il produttore e amico del regista Andrea Gambetta, come se si fosse in uno dei suoi film, i due si trovavano sulla collina di Mecavnik, e il regista ebbe questa visione, la visione di un villaggio che divenisse in qualche modo il centro del mondo, del suo mondo che non esisteva più.

Quel “nuovo mondo” che ho chiamato in un reportage di qualche tempo fa Kusturistan.

E in questi anni, in questo villaggio di una ventina di case in legna, sono passati personaggi del calibro di Johnny Depp, Sorrentino, Mujica, Fahradi, Zhang Yimou, Matt Dillon, solo per fare alcuni nomi, lasciando ai registi esordienti, e a chi ha avuto la fortuna di frequentare il festival, pillole della loro arte.

In questa città il regista ha quindi realizzato il suo sogno di libertà, che si sostanzia nella frase iniziale del discorso di apertura del festival, “Benvenuti nelle montagne libere della Serbia“.

Anche se molte scelte del regista degli ultimi anni sono spesso poco comprensibili, o anche magari non condivisibili, anni di frequentazione di questo luogo sospeso, mi portano ad essere concorde con il “Professore”, Drvengrad durante il Festival è davvero un luogo di libertà.

Il Festival è unico nel suo genere, anche per il suo carattere residenziale. Non esistono, infatti, alloggi vip, si vive tutti nel medesimo villaggio condividendo gli spazi e le idee. La sua ulteriore peculiarità è poi legata al fatto che i veri protagonisti sono i registi esordienti. Sono, infatti, i loro corti a riempire la sezione “Competition Programme“, mentre a registi già affermati, o a veri e propri maestri come in questo caso Zhang Yimou è dedicata la sezione “Contemporary Trends“.

La sezione “New Author” invece presenta film usciti da poco tempo di registi che hanno già al loro attivo una carriera promettente, come, in questa edizione, il montenegrino Ivan Bakrac.

Ultima sezione, ma non per questo meno interessante è la “Retrospective of greatness“, in cui vengono ripresentati grandi classici del cinema, e che in questa edizione è stata dedicata a Pier Paolo Pasolini.

L’opera del grande regista Italiano è stata da guida per tutto il festival, fin dal poster della rassegna in cui campeggia la celebre frase, tratta dal corto “Cosa sono le nuvole?”, “Straziante e meravigliosa bellezza del creato“, la frase struggente recitata da Totò nel finale del corto mentre si rammarica di aver aspettato il momento finale della sua vita da marionetta per meravigliarsi dei doni della natura.

Sono stati riproposti anche l’episodio del film collettivo “Le streghe” dal titolo “La terra vista dalla Luna” ma soprattutto “Uccellacci e Uccellini“.

Proprio il riferimento al discorso del corvo sulle ideologie e sul loro fallimento, cuore di Uccellacci e Uccellini, che, soprattutto, i turbamenti dei personaggi di Jago (Totò) e Otello (Ninetto Davoli), sono al centro di un’altra riflessione del regista tratta dal discorso di apertura.

In riferimento a quanto sta accadendo in Ucraina, il regista, che come gran parte della popolazione serba, ha scelto ancora una volta la “parte scomoda”, non si è pronunciato apertamente, né ha preso una sua posizione, ma ha portato l’attenzione sul rischio maggiore che corriamo al momento è cioè quello di diventare delle marionette come Totò e Ninetto Davoli.

Le nuvole, sono state il centro di tutto in questi giorni. Le nuvole che si muovevano veloci nel cielo, le nuvole di vapore del treno trainato da Cira, le nuvole del fumo di mille sigarette, le nuvole delle profezie che spesso incombono sul futuro.

Abbiamo parlato di profezie, ebbene questa è anche terra di leggende e di profeti.

Mokra Gora ha una storia millenaria, e si è spesso incrociata con la Grande Storia.

Drvengrad

In un paesino a pochi chilometri da Drvengrad, Kremna, altra piccola stazione sul tragitto del treno del Sargan, nacquero due grandi chiaroveggenti capaci di profetizzare addirittura la Seconda Guerra Mondiale, e l’ingresso trionfatore di Tito.

Milos e Mitar Tarabic, zio e nipote, che vissero nella seconda parte del 1800 e alle cui figure è dedicato un piccolo museo, sono conosciuti, soprattutto il secondo per aver profetizzato eventi legati alla storia serba. Mitar in particolare, è famoso per quella che è stata chiamata l'”Oscura Profezia“, in cui previde la morte dell’erede al trono della famiglia Obrenovic e l’avvento dei Karadjordjevic.

Ma non solo, Mitar previde anche la costruzione della ferrovia e chissà che tra le pieghe delle sue profezie non ci trovi traccia anche del futuro arrivo del “Professore”. Se siete curiosi di leggere qualcosa di più sui due profeti leggete il mio post “La Profezia di Mitar, il chiaroveggente di Kremna”.

Profeti e generali hanno attraversato queste terre, come Draza Mihajlovic, generale antifascista della Bosnia Erzegovina, che attraversando i monti Tatra, fondò a Uzice nel 1941, la prima Repubblica antifascista della storia e che da Kusturica è stato ricordato nel suo discorso di apertura.

Ancora oggi a Uzice, che è stato il cuore di questa Repubblica, si possono visitare il Museo della Resistenza e i Bunker in cui si nascondevano le persone durante gli attacchi aerei.

E qui le nuvole si abbassano sulla terribile guerra che stiamo vivendo così simile a tutte le altre, e come le altre così assurda e inutile.

E Pasolini ci aveva avvertiti, e se ne sente sempre di più la sua mancanza, come di altri che come lui e Mitar, seppur in modo diversa, sembravano davvero avere il dono della “chiaroveggenza”.

Ancora Pasolini è stato il centro della Lettura proposta dal produttore Andrea Gambetta, che per l’occasione, ha presentato in anteprima le immagini di un nuovo documentario fortemente voluto da Kusturica, sugli ultimi giorni di Pasolini, ricostruiti attraverso le interviste non solo a chi lo ha conosciuto, ma anche ai Carabinieri che sono per primi intervenuti sul luogo dell’omicidio, e non solo.

Speriamo di vederlo presto nelle sale.

E poi nella notte magica e stellata di Drvengrad, mi raggiungono le parole del mio compianto professore di italiano del liceo, il grande scrittore Salvatore Mignano, “E tutto il resto è silenzio” come diceva Amleto.

E’ tutto, se vi ho incuriosito e vi va di leggere di più sull’edizione 2022 del festival trovate i miei contributi sul blog e sul podcast Il Balcanauta.


If you would like to read the article in English, you can have a look below. Enjoy 🙂

Kustendorf 2022: traveling among clouds, celluloid and utopias.

The 15th edition of the Kustendorf Film and Music Festival ended just a few hours ago, a unique festival of its kind, as unique is the location, and just as unique its host.

The village conceived and created by the director Emir Kusturica is located in Mokra Gora, a small mountain town a few kilometers from the border with Bosnia, in the Tara Mountains, to be precise close to the Sargan Massif.

In the early 2000s, the director completely changed his life, converted to orthodoxy, changed his name, from Emir to Nemanja, and nationality, initially choosing that of the new Yugoslavia and then, when it became the Union of Serbia and Montenegro, the Serbian nationality.

He decides to reconstruct his lost world in these mountains, in the places where he had shot what, in my opinion, is still today one of his best films “Life is a Miracle”.

If you take the tourist train that, from Mokra Gora, passing Mount Sargan, leads to Jatare and then downstream to Sargan Vitasi station, on the way, you will be invited to stop for a few minutes right in the station that the director had rebuilt for the occasion on the basis of a really existing station in Bosnia and Herzegovina.

In recent years, in this village of about twenty wooden houses, characters of the caliber of Johnny Depp, Sorrentino, Mujica, Fahradi, Zhang Yimou, Matt Dillon, just to name a few, have passed, leaving to novice directors, and to those who was lucky enough to attend the festival, pills of their art.

In this village the director has therefore realized his dream of freedom, which is embodied in the opening sentence of the opening speech of the festival “Welcome to the free mountains of Serbia“.

The Festival is one of a kind, also for its residential character. In fact, there are no VIP accommodations, everyone live in the same village sharing spaces and ideas. Its further peculiarity is then linked to the fact that the real protagonists are the rookie directors. In fact, their shorts fill the “Competition Program” section, while the “Contemporary Trends” section is dedicated to already established directors, or to real masters like, in this edition, Zhang Yimou.

The “New Author” section instead presents recently released films by directors who already have a promising career to their credit, such as, in this edition, the Montenegrin Ivan Bakrac.

The last section, but no less interesting for this, is the “Retrospective of greatness” in which the great classics of cinema are re-presented, and which in this edition was dedicated to Pier Paolo Pasolini.

The work of the great Italian director has been a guide throughout the festival, since the poster of the review featuring the famous phrase, taken from the short film “What are the clouds?“, “Heartbreaking and wonderful beauty of creation“, the phrase poignant recited by Totò in the finale of the short, while he regrets having waited for the final moment of his life as a puppet, to marvel at the gifts of nature.

The episode of the collective film “The witches” entitled “The earth seen from the Moon” but above all “Uccellacci e Uccellini” have also been re-proposed.

The clouds have been the center of everything these days. The clouds that moved fast in the sky, the clouds of steam from the train pulled by Cira, the clouds of the smoke of a thousand cigarettes, the clouds of prophecies that often loom over the future.

Mokra Gora has a thousand-year history, and has often crossed paths with the Great History.

In a village a few kilometers from Drvengrad, Kremna, another small station on the Sargan train route, two great clairvoyants were born, Milos and Mitar Tarabic, capable of prophesying even the Second World War, and the triumphant entry of Tito.

Prophets and generals have crossed these lands, such as Draza Mihajlovic, anti-fascist general of Bosnia and Herzegovina, who, crossing the Tara mountains, founded in Uzice in 1941, the first anti-fascist republic in history, and which was mentioned by Kusturica in his opening speech.

Even today in Uzice, which was the heart of this Republic, you can visit the Resistance Museum and the Bunkers where people hid during the air attacks.

And here the clouds lower on the terrible war we are experiencing, so similar to all the others, and like the others so absurd and useless.

And Pasolini had warned us, and we miss him more and more, as well as others who like him and Mitar, albeit in a different way, really seemed to have the gift of “clairvoyance”.

And then in the magical and starry night of Drvengrad, the words of my late Italian high school teacher, the great writer Salvatore Mignano, reach me, “And all the rest is silence” as Hamlet used to say.