L’ultimo viaggio di Ciro: la locomotiva da Belgrado a Dubrovnik

E’ il 28 febbraio 1974 e Ciro la Locomotiva che sbuffando ha collegato per anni Belgrado a Dubrovnik è pronto per il suo ultimo viaggio. Molta gente sul cammino a dargli l’addio e un profeta a dare speranza con la sua profezia. Sarà davvero l’ultimo viaggio della gloriosa locomotiva?

Tra i monti al confine tra Serbia e Bosnia ancora oggi esiste una ferrovia straordinaria che collega la città di Mokra Gora con Visegrad, la città del Ponte sulla Drina oggetto dell’omonimo libro di Andric. Adesso non è altro che un’incantevole attrazione turistica, ma sin dai primi anni ’20 al 1974 costituiva un collegamento fondamentale tra Belgrado e Sarajevo. Su questi monti sbuffava Ciro (o meglio Cira) la locomotiva a vapore che non fu mai in ritardo, almeno così raccontano le cronache del tempo.

Con queste righe pubblicate anche su Il Mio Libro, vi racconto l’ultimo viaggio di Ciro, la locomotiva jugoslava in quel triste giorno del febbraio 1974.

28 febbraio 1974

Il capostazione lucida lo stemma delle ferrovie jugoslave che adorna il suo berretto, guarda sospirando fuori dalla finestra, prende la sua paletta e il fischietto di ordinanza ed esce dalla sala controlli.
L’aria è fine e fredda come sempre in questo periodo dell’anno e nell’aria si sente la vita che scorre, come corre il treno sulle rotaie.
Non sembra davvero che oggi sia davvero l’ultimo giorno di vita di questa leggendaria ferrovia, della stazione che per anni è stata la sua casa.
Guarda verso la valle, verso Titovo Uzice, la città dei partigiani, la città da cui partirà l’ultimo viaggio del glorioso Ciro.
Titovo Uzice, l’unica città nella Jugoslavia ad avere nella piazza una statua del grande Presidente Tito, l’unica città a portare il suo nome, si prepara alla partenza dell’ultimo convoglio che sbuffando sui monti Tara, scenderà di nuovo a valle verso il mare, unendo idealmente e materialmente per l’ultima volta il cuore della Jugoslavia, Belgrado a Sarajevo per poi raggiungere il mare a Dubrovnik.
Un ultimo viaggio per la locomotiva Ciro, e la città già piange il suo addio.
Tutto è pronto. L’immensa piazza di Titovo Uzice è colma di gente che quasi in processione si avvia verso la stazione, tra loro i pochi fortunati che hanno acquistato un biglietto per un viaggio che entrerà nella storia e poi nella leggenda.
Ad attenderli le autorità in grigio ufficiale, la banda e i cori dei partigiani della rivoluzione, e bellissime donne nei loro vestiti tradizionali. Non manca naturalmente neanche il formaggio kajmak e il prosciutto affumicato, e vino e rakja per festeggiare , per prepararsi ad un addio, per dimenticare.
Oltre questo capannello di persone, un uomo attende nella sua solitudine, sembra quasi non essere toccato dal frastuono, dai canti, dai rumori, dalle urla, dalle risa, per lui esiste solo lei la locomotiva, Ciro, la sua amata locomotiva. La guarda, la osserva, la accarezza, ne segue il profilo, ne saggia il freddo acciaio che tra un po’ diverrà rovente.
Ricorda quel giorno che un amico italiano un giorno è salito fin sopra i monti di Mokra Gora per vedere Ciro salire stantuffando attraverso il Sargan Eight e mentre viaggiava su quei monti si è ricordato di una canzone scritta da un grande cantautore comunista italiano, una canzone profetica, “La Locomotiva”. Quell’amico gli aveva lasciato il testo e lui lo aveva portato in cabina con se e lo cantava sempre urlando a squarciagola quando Ciro entrava nei tunnel del Sargan: “E corre corre corre la Locomotiva…”.
Che Ciro fosse destinato ad attraversare i monti verdi e immensi che dividono idealmente la Serbia e dalla Bosnia era scritto nei cieli e nella terra e fu addirittura oggetto di una profezia.
Alla fine dell’800 un profeta del piccolo villaggio di Kremna, Milan Tarabic, infatti,  aveva predetto l’arrivo di Ciro: “una strada fatta di ferro passerà per i pendii degli zingari, con un carro di fiamma ardente, che si fermerà sempre nei posti dove sono ora gli accampamenti degli zingari.
Ma non fu facile portare Ciro tra quei monti, e lui, mentre carezza l’acciaio della locomotiva e ricorda la sua “forza di baleno”, non può non ricordare la storia della costruzione di questa incredibile strada ferrata dove, per superare i vertiginosi dislivelli, venne creata una mirabile opera ingegneristica invidiata e copiata in tutto il mondo, l’Otto di Sargan, orgoglio della Jugoslavia e del socialismo.
Nel 1916 morirono ben 200 prigionieri di guerra russi e italiani che stavano lavorando nelle gallerie sulla collina di Budim, per realizzare l’Otto di Sargan e i lavori vennero fermati. Ancora oggi, ricorda il ferroviere,  sulla collina di Budim un monumento ricorda questa tragedia, in un luogo inaccessibile tra Jatare e Mokra Gora.
Ciro non è mai arrivato in ritardo, neanche nei giorni di tormenta, neve, pioggia, neanche le guerre l’hanno mai fermato, ora, pensa tristemente l’uomo, lo ferma la tecnologia, il progresso, il denaro, la stupidità dell’uomo.
Sputa in terra con rabbia e stringe i pugni.
Ma ora non è più tempo delle memorie, della rabbia e della malinconia, c’è un ultimo viaggio da fare e Ciro si sta preparando.
La Locomotiva scalda i motori, ed è pronta a scatenare quella “forza pura di baleno” come l’ha chiamata quel cantautore.
La gente saluta commossa l’Addio di Ciro, poco fuori Uzice sulla Fortezza alcune persone hanno issato un vessillo, la bandiera della Jugoslavia e sullo sfondo la Locomotiva.
Gradualmente il paesaggio diventa sempre più alpestre, Ciro sbuffando attraversa i meravigliosi panorami dei Monti Tatra. Ogni tanto s’intravedono poche case sul cammino e gente che al passaggio si toglie il cappello come è uso per nobili o per notabili.
Il convoglio effettua una fermata nel piccolo villaggio di Kremna, famoso in Serbia per i suoi profeti. da generazioni e per trasmissione familiare, profeti predicono il futuro, e oggi chissà che non ci sia una nuova profezia anche per Ciro.
L’anziano si avvicina a Ciro abbassa il capo e poi sembra quasi benedire la Locomotiva. Con solennità alza gli occhi al cielo e poi con voce altrettanto solenne pronuncia la profezia: “Ci sarà un tempo in cui un uomo che crede nei miracoli deciderà di prendere casa tra questi monti e su questa strada ferrata realizzerà una delle sue utopie. Allora Ciro ricomincerà a correre sbuffando sui Monti amata da tanta gente venuta da lontano…“.
I macchinista sorride a queste parole, non ha mai creduto nelle profezie, eppure per la prima volta ha il presentimento che qualcosa succederà tra queste impervie montagne al confine tra Serbia e Bosnia.
L’uomo si aggiusta il berretto e da un buffetto alla lamiera, da ancora gas al motore e Ciro saluta Kremna e i suoi abitanti e si inerpica verso Mokra Gora e soprattutto verso l’Otto di Sargan, probabilmente per l’ultima volta.
Superata la Collina Bagnata (Mokra Gora), ed effettuata una breve fermata alla piccola stazione di Jatare, Ciro inizia la discensa verso la Bosnia e il mare. Alla stazione di Dobrun appena di fronte all’omonimo Monastero, ancora una sosta per una benedizione solenne da parte del Pope per poi terminare la sua corsa nella città resa famosa dal grandissimo scrittore Ivo Andric, Visegrad.
Alla stazione si fece grande festa quel giorno, raccontano le cronache, il macchinista fu premiato con una medaglia ricordo, una piccola processione si diresse verso il famoso Ponte sulla Drina e li attese l’ultimo squillo di sirena di Ciro prima della partenza definitiva.
Un’epoca finiva, ora restava solo attendere il verificarsi della profezia.